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Il Salto del Ventimiglia

Nei pressi della Biblioteca Comunale, uno stretto vicolo termina nel “Salto del Ventimiglia“, una cosiddetta opera di affaccio urbano in vetro e acciaio, che si protende nel vuoto per alcuni metri ed è certamente, in Sicilia, unica nel suo genere. La struttura, che si stacca dal filo della parete per alcuni metri, permette di camminare quasi nel “nulla”, con un panorama eccezionale sotto i propri piedi. Il pavimento è, infatti, anch’esso di vetro.

Dal vallone del Torrente Grosso, alle propaggini occidentali dei Monti Nebrodi e fino all’Etna, la veduta è eccezionale, soprattutto quando la neve copre le montagne più alte.

Inaugurato nel 2014, il “Salto” rievoca un episodio importante della storia dei Ventimiglia di Geraci, una delle famiglie nobili più potenti e influenti di Sicilia per almeno quattro secoli. Il Borgo passa a questa aristocratica famiglia nel 1258, quando Enrico II Ventimiglia sposa la contessa Isabella di Geraci (già di Parisio), divenendo così conte di Geraci, oltre che di Ventimiglia, del Maro, di Ischia e signore di Gangi, Petralie e di una serie di altri possedimenti. Succeduto al nonno Enrico attorno al 1308, Francesco Ventimiglia prende le redini della contea, fondando tra l’altro, nel 1317, il Castrum bonum, l’odierna Castelbuono, e “scippando” letteralmente alla chiesa circa 70 mila mq di terreno in corrispondenza del cosiddetto casale Ypsigro. Sarà lui ad avviare la costruzione del meraviglioso castello, oggi monumento simbolo di Castelbuono, rinomato museo civico e famoso in tutto il mondo per essere palcoscenico naturale del festival di musica Ypsigrock.

Come ricorda il professore Orazio Cancila in un suo libro di testo, una decisione, quella di costruire il castello in una località decentrata rispetto a Geraci, dettata probabilmente dallo stato permanente di guerra in cui era caduta la Sicilia dopo il Vespro e soprattutto nella ripresa delle incursioni napoletane nel 1313, più che dalla voglia di edificare una residenza in una posizione più comoda e felice. Una cosa è certa, con Francesco la contea si rafforza ancora dal punto di vista territoriale conquistando nuovi possedimenti ed estendendo ulteriormente la propria influenza fino alla rottura del matrimonio con Costanza Chiaromonte nel 1325 che viene ripudiata perché non in grado di dargli un erede maschio. Questa decisione provocò le ire di Giovanni II Chiaromonte, fratello di Costanza, che nell’aprile del 1332 riuscì a ferire in un agguato Francesco.

Quest’ultimo dovette scappare dalla Sicilia, trovando asilo presso Roberto d’Angiò re di Napoli. Nel 1337 la morte dello stimato Federico III e la nomina del nuovo sovrano Pietro II, vicino ai Chiaromonte, mandarono nello sconforto Francesco che, alla riunione del parlamento a Catania alla fine del 1337, non andò personalmente ma mandò il figlio Franceschiello, il quale non solo fu accolto con insofferenza dal re, ma fu persino imprigionato dai Palizzi, un’altra nobile e potente famiglia.

Questa notizia scatenò le ire di Francesco che organizzò, insieme a Federico di Antiochia, una ribellione dei suoi domini nei confronti del sovrano. La risposta non tardò ad arrivare: il re lo condannò a morte per tradimento, mettendo persino una taglia sulla sua testa, e guidò personalmente un esercito alla riconquista dei territori dei Nebrodi in rivolta, fino all’assedio di Geraci.

Le forze del Conte erano assolutamente insufficienti per far fronte all’esercito reale, così Francesco, dopo essere rimasto assediato nella sua dimora e richiamato dal vescovo di Cefalù, decise di chiedere aiuto ai suoi vassalli che però non erano più disposti a morire per lui.

Nel tentativo di placare i tumulti, il conte uscì dal castello e, inseguito dai nemici, precipitò dal burrone del versante orientale del paese.
Proprio in quel punto si trova, oggi, il Salto del Ventimiglia.


Questa meravigliosa opera ingegneristica di grande impatto visivo è aperta tutti i giorni, l’ingresso è gratuito, ma non è consigliato a chi soffre di kenofobia.

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